venerdì 25 ottobre 2013

Palleggiano endecasillabi



Aprile duemiladue (o duemilatre, non ricordo); mattina.
Chieti. Università. Aula 7.
Il professore di filologia italiana non la finiva più di palleggiare endecasillabi; io stavo lì, a bocca aperta, cercando di capire dove stesse la fregatura. Insomma: alle superiori mi avevano spiegato che ci sono undici sillabe, che una vocale cade e l’altra ne prende il posto, che bisogna contare e andare a capo per bene. Che la dieresi, la sineresi, la dialefe, la sinalefe… Praticamente mi dicevano che l’endecasillabo è roba da poeti, geni, soli, lontani e per niente umani che a tredici anni parlano fluentemente l’ebraico antico. Tu no. Roba loro. Punto.

Ora questo qui – in un’aula 7 piena di ragazze primaverili -, goffamente e fascinosamente sporco di gesso dai polpastrelli al cuore, contava con le dita, rivolto con pratica confidenza alla mia compagna di corso che stava in piedi alla lavagna: «Su su, deve battere con le dita, è così che si contano le posizioni, questa è la metrica! “Nel-me-zzo-de-ca-mmin-di-no-stra-vi-ta; te-rmi-ne-fi-sso-d’e-tte-rno-co-nsi-glio”! Su! Su! Pensi alla musica, al ritmo!».
La poesia era anche mia, per la prima volta. Mi nasceva dalle dita, la prendevo nelle mani, la smontavo e rimontavo.
Palleggiavo endecasillabi.

Ottobre duemilatredici; mattina.
Manoppello. Scuola media. Aula che dà sul cortile interno.
È tutto un battere di dita sui banchi, un’orchestra di percussioni, un miracolo d’Arabona afroeuropeo. I ragazzi della III A passeggiano ne “L’infinito” di Leopardi con la sicumera di un fine semiologo francese, nel chiasso divertito e caciarone di chi, però, è ancora in salvo: «Professò guardi qua, mi ridà! “Ma-se-de-ndoe-mi-ra-ndoi-nte-rmi-na-ti spa-zi-di-là-da-que-llae-pro-fo-ndi-ssima”!»; «Professò pure a me!»; «Professò pure a me!».
Palleggiano endecasillabi.

giovedì 10 gennaio 2013

Musicare GABRIELE D'ANNUNZIO al Lunezia 2013

A 150 anni dalla nascita: musicare Gabriele D’Annunzio  al Premio Lunezia Nuove Proposte 2013.
  
Oltre a Band, Cantautori/Autori e Autori di Testo, "MUSICARE I POETI" è la nuova sezione del Lunezia Nuove Proposte nata nel 2009 e diretta dal critico musicale Paolo Talanca.

Gli autori che vorranno iscriversi in questa categoria dovranno musicare le prime tre strofe della poesia  Aprile di Gabriele D’Annunzio (dal "Poema paradisiaco", 1893).


Le modalità di partecipazione sono le medesime della categoria cantautori (vedi link come partecipare – Nuove Proposte), così come la quota di partecipazione (32 €).  L’impegno è quello che la musica abbinata a questa poesia dovrà essere rigorosamente inedita.  Sarà altresì sufficiente l’invio di un (1) brano, quindi non di due brani come per la tradizionale categoria cantautori.

Per quanto riguarda l’esecuzione l’autore potrà avvalersi della propria voce o di quella di altro interprete, basta che lo renda noto nella scheda di partecipazione.

Tra le opere pervenute una (1) verrà scelta, dalla redazione Musical-Letteraria, per partecipare alla serata finale del Premio Lunezia Big, prevista il  22 Luglio 2013 a Marina di Carrara (MS) .

Tutti avranno comunque diritto ad una analisi della propria opera (così come per la categoria cantautori/band e autori di testo ).

Anche le iscrizioni a questa sezione sono aperte sino al 18 Giugno .


É concesso ripetere versi o passi della poesia, anche come ritornelli, o aggiungere sillabe “di appoggio”. Mettere in musica la poesia comprendendone l’essenza, rispettandone il più possibile la forma. Questa è la sfida.

Per eventuali chiarimenti info: 0187 708181 – 0187 712567 – 347 3065739 – 339 6882301.

Responsabile artistico: Paolo Talanca.
Di seguito la poesia da musicare.

APRILE
(Gabriele D’Annunzio)


Socchiusa è la finestra, sul giardino.
Un’ora passa lenta, sonnolenta.
Ed ella, ch’era attenta, s’addormenta
a quella voce che già si lamenta,
che si lamenta in fondo a quel giardino.


Non è che voce d’acque su la pietra:
e quante volte, quante volte udita!
Quell’amore e quell’ora in quella vita
s’affondan come ne l’onda infinita
stretti insieme il cadavere e la pietra.


Ella stende l’angoscia sua nel sonno.
L’angoscia è forte, e il sonno è così lieve!
(Par la luce d’april quasi una neve
che sia tiepida.) Ed ella certo deve
soffrire, vagamente, anche nel sonno.